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Hu Jintao: "respingere il protezionismo commerciale in ogni sua forma"

Obama: "Cina dialoghi con Dalai Lama"

La richiesta Usa: ricucire rapporto con il leader tibetano. Clima: "Accordo di Copenaghen abbia effetti immediati"

2009-10-17

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2009-11-17

Hu Jintao: "respingere il protezionismo commerciale in ogni sua forma"

Obama: "Cina dialoghi con Dalai Lama"

La richiesta Usa: ricucire rapporto con il leader tibetano. Clima: "Accordo di Copenaghen abbia effetti immediati"

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NOTIZIE CORRELATE

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Obama alla Cina: "I diritti umani dovrebbero essere garantiti a ognuno" (16 novembre 2009)

Barack Obama e Hu Jintao (Epa)

Barack Obama e Hu Jintao (Epa)

MILANO - Il presidente Usa Barack Obama chiede a Pechino una rapida ripresa del dialogo con il Dalai Lama, l'omologo cinese Hu Jintao sottolinea la necessità di respingere "il protezionismo commerciale in ogni sua forma". Nel loro primo incontro bilaterale, i due leader hanno affrontato molti argomenti, dai diritti umani all'economia. E la politica estera: ammoniscono l'Iran che "vi saranno conseguenze" se non dimostrerà buone intenzioni sul programma nucleare e concordano sulla volontà di riprendere il dialogo a sei sulla Corea del Nord.

TIBET - Obama ha ribadito che nella sua visione "sono valori universali" e ha chiesto alla Cina di riprendere quanto prima il dialogo con i rappresentati del Dalai Lama, assicurando il sostegno del governo americano nel processo di riavvicinamento. E ha riconfermato la politica Usa di "una sola Cina" per quanto riguarda Taiwan. Sul fronte economico, ha ribadito la necessità di un nuovo modello di crescita "sostenibile" e di aggiustare il valore dello yuan alla realtà del mercato, mentre Hu Jintao ha detto no al protezionismo.

CLIMA - Nella conferenza stampa congiunta, dopo colloqui bilaterali nel grande Palazzo del Popolo, Obama e Hu Jintao hanno anche espresso l'intenzione di voler evitare il fallimento della conferenza sul clima di Copenaghen. "Senza gli sforzi congiunti di Stati Uniti e Cina, i due maggiori consumatori e produttori di energia, non può essere raggiunta una soluzione al problema del riscaldamento del pianeta - ha detto Obama -. Non vogliamo un accordo parziale o una semplice dichiarazione politica ma piuttosto un accordo che copra tutti i punti dei negoziati e che possa avere effetti immediati". Il presidente Usa resterà a Pechino fino a martedì pomeriggio per poi trasferirsi nella Corea del Sud, ultima tappa del suo viaggio in Asia.

17 novembre 2009

 

 

 

 

poi apre a pechino: "Gli altri Paesi guardano a quello che faranno Stati Uniti e Cina"

Obama alla Cina: "I diritti umani dovrebbero essere garantiti a ognuno"

Discorso a 300 giovani cinesi in diretta web sul sito della Casa Bianca: "Internet non subisca censure"

Barack Obama (Ap)

Barack Obama (Ap)

SHANGHAI (CINA) - La libertà di espressione e di partecipazione è un valore universale e dovrebbe essere garantita per tutti, anche in Cina: con questo appello alla tutela dei diritti umani il presidente Usa, Barack Obama ha iniziato il suo viaggio in Cina, dinanzi a 300 giovani del Museo di tecnologia di Shanghai. "I diritti umani - ha detto Obama - dovrebbero essere garantiti a ognuno, anche alle minoranze etniche e religiose, tanto che vivano negli Stati Uniti, in Cina o altrove".

INTERNET - Nel discorso pronunciato in diretta web sul sito della Casa Bianca, il presidente americano ha anche toccato il tema della libertà di parola sul web. Obama ha affermato di essere un "grande sostenitore della libertà completa nell'uso di internet" e di essere "contrario alla censura". Rispondendo ad una domanda rivoltagli proprio attraverso il web ha aggiunto di ritenere le critiche che spesso riceve da cittadini americani su internet fanno di lui "un leader migliore". In Cina il web è sottoposto ad una pesante censura, chiamata "La Grande muraglia di fuoco" dagli internauti cinesi. Il presidente Usa ha poi sottolineato come un accesso illimitato alle risorse della Rete costituisca un punto di forza e come un aperto scambio di informazioni sia a vantaggio di tutti i Paesi. Tutte le società traggono beneficio dal poter navigare su internet, condividere opinioni e disseminare informazioni; la libertà di discussione rende i governi responsabili, ha ribadito Obama.

Poi ha trattato anche il tema del Nobel a lui recentemente conferito, spiegando che il Comitato per il Nobel ha concesso il premio Nobel per la pace al presidente degli Stati Uniti perché ispirato dal popolo americano. Obama ha detto di voler accettare l’onore "con grande umiltà" sebbene non ritenga di meritarlo.

RAPPORTO USA-CINA - Cina e Stati Uniti non hanno motivo per essere avversari e anzi le relazioni positive fra i due Paesi aprono nuove possibilità per risolvere i problemi globali economici e di sicurezza, portando "pace e prosperità" ha detto ancora Obama. Sono pochi i problemi globali che possono essere risolti senza che vi sia un accordo fra Washington e Pechino, ha sottolineato Obama: "Gli altri Paesi guardano a quello che faranno Stati Uniti e Cina, questo è il peso che ci impone la nostra leadership".

"La mia Amministrazione sostiene pienamente la politica di una sola Cina e non ha intenzione di cambiare tale politica: il mio desiderio profondo e la mai speranza è che si continui ad assistere a dei grandi progressi fra Taiwan e la Repubblica Popolare", ha aggiunto ancora Obama.

Nel primo dei "tre giorni" che trascorrerà nel gigante asiatico, il presidente Usa ha aggiunto che i due Paesi non devono essere rivali, ma cooperare per risolvere i problemi globali come la proliferazione nucleare o il cambio climatico. "Se Cina e Usa saranno d'accordo, si potranno risolvere non pochi problemi internazionali". Esattamente come nel discorso fatto sabato a Tokyo, in cui ha rilanciato le relazioni del suo Paese con l'Estremo Oriente, il presidente ha sottolineato inoltre che gli Usa non vogliono "contenere" la crescita cinese, ma al contrario danno il benvenuto a una Repubblica Popolare "forte e prospera". "Cina e Usa non devono essere rivali", ha detto il presidente, sottolineando che la collaborazione tra i due Paesi contribuirà a sostenere "la pace e la prosperità nel mondo".

ARRIVO A PECHINO - Successivamente Obama è arrivato a Pechino. Subito dopo il suo arrivo, Obama è atteso a una cena di benvenuto offerta dal presidente cinese Hu Jintao. I due capi di Stato avranno però colloqui bilaterali formali solo martedì: risolto il problema del clima (domenica a Singapore, Cina e Usa hanno deciso di evitare impegni vincolanti sui tagli alle emissioni inquinanti al vertice di Copenaghen), sul tavolo rimane il nodo cruciale delle dispute commerciali e monetarie.

 

16 novembre 2009

REPUBBLICA

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2009-11-17

A Pechino il colloquio fra i due leader: ambiente, diritti umani, economia, nucleare

Il presidente cinese: "Opporsi al protezionismo, in tutte le sue manifestazioni"

Obama e Hu Jintao, impegno sul clima

"Da Copenaghen un effetto immediato"

Obama e Hu Jintao, impegno sul clima "Da Copenaghen un effetto immediato"

Barack Obama e Hu Jintao

PECHINO - Dai negoziati di Copenaghen sul clima dovrà uscire un accordo mondiale che abbia "effetto operativo immediato". E' quanto chiedono Usa e Cina al termine del colloquio che il presidente statunitense Barack Obama ha avuto con il collega cinese Hu Jintao. Cambiamenti climatici, diritti umani, crisi economica e scambi commerciali, proliferazione nucleare sono stati i principali temi affrontati dai due leader nel corso dell'incontro, storico, nel grande Palazzo del Popolo di Pechino. Nell'occasione, è stato annunciato che Hu Jintao ricambierà la visita del presidente Usa nel 2010, senza però dare date precise.

"Copenaghen non deve fallire". Dai negoziati di Copenaghen sul clima dovrà uscire un accordo mondiale che abbia "effetto operativo immediato". Al termine dell'incontro, i due leader si sono detti d'accordo "sulla necessità di lavorare affinché Copenaghen sia un successo". "Il nostro scopo - ha detto Obama - non è di ottenere un'intesa parziale o una dichiarazione politica, ma piuttosto un accordo che riguardo tutte le questioni su cui si andrà a negoziare e che abbia immediato effetto operativo". Per quanto riguarda in particolare il tema del riscaldamento globale, i due presidenti hanno convenuto sulla necessità di "agire per una riduzione significativa delle emissioni di gas serra e per rispettare questi impegni".

"No al protezionismo". Stati Uniti e Cina devono "opporsi al protezionismo in tutte le sue manifestazioni" e "rifiutarlo": lo ha detto Hu Jintao durante l'incontro, sottolineando che Pechino e Washington hanno ribadito la loro volontà di continuare a lavorare insieme per "risolvere in modo appropriato le loro divergenze economiche e commerciali". Il presidente cinese, che ha parlato per primo, ha detto anche che l'economia mondiale "sta mostrando positivi segni di ripresa e stabilizzazione", ed è per questo importante che entrambi i paesi "si oppongano e rifiutino il protezionismo in tutte le sue forme".

Nucleare, monito all'Iran. Obama e il presidente cinese Hu Jintao hanno concordato che "vi sarano conseguenze" per l'Iran se non darà prova degli scopi pacifici del suo programma nucleare. "Abbiamo concordato che Teheran deve dare assicurazioni alla comunità internazionale - ha detto il presidente Usa - sul fatto che il suo programma nucleare è pacifico e trasparente. L'Iran ha un'opportunità per presentare e dimostrare le sue intenzioni pacifiche ma se non riesce a sfruttare questa occasione dovrà affrontare le conseguenze".

Diritti umani e Dalai Lama. Obama ha esortato Hu Jintao a riprendere i colloqui con il leader spirituale tibetano in esilio, il Dalai Lama. "Abbiamo detto che pur riconoscendo che il Tibet fa parte della Repubblica popolare cinese - ha spiegato il capo della Casa Bianca - gli Stati Uniti sostengono una rapida ripresa del dialogo fra il governo cinese e rappresentanti del Dalai Lama per risolvere ogni preoccupazione e dissidio che possa esservi tra le parti". Al presidente cinese, Obama (criticato di recente in patria per non aver ricevuto il Dalai Lama durante la visita negli Usa del leader spirituale) ha anche ricordato "la convinzione che tutti gli uomini e le donne vedano riconosciuti i diritti universali". Le due parti hanno poi convenuto di aprire un dialogo bilaterale sui diritti umani all'inizio dell'anno prossimo.

(17 novembre 2009)

 

 

 

 

 

L'UNITA'

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2009-11-17

Clima, compromesso al ribasso Usa-Cina: niente tagli di Co2 a Copenaghen

Pragmatismo e flessibilità per un accordo in due fasi sulla questione del clima in vista del vertice di mondiale di dicembre a Copenaghen. Come dire sancire in anticipo di un mese il fallimento del summit di Copenaghen sul clima. E invece sono le linee guida che hanno concordato i Paesi dell'area asiatico-pacifica nel vertice Apec conclusosi oggi a Singapore, dopo una seconda giornata aperta, a sorpresa, proprio con una riunione sul clima voluta dal presidente degli Stati Uniti alla presenza del presidente cinese Hu Jintao: un consesso che però, oltre ad un "impegno ad operare per un risultato ambizioso a Copenaghen", non ha prodotto obiettivi concreti per la riduzione dei gas serra. Troppo poco per quella svolta che è davvero necessaria per fermare il surriscaldamento del pianeta. Le 'due fasi' concordate sono quelle proposte del premier danese Lars Lokke Rasmussen: un'intesa politica alla conferenza di Copenaghen del mese prossimo, seguita successivamente da una intesa legalmente vincolante. Ma al momento nessuna indicazione sui tagli - concreti - alle emissioni di Co2. Per Copenaghen di fatto un declassamento, leader e organizzazione ambientaliste non nascondono la delusione.

Obama ha partecipato ad un incontro con i dieci paesi dell'Asean, le nazioni del sud-est asiatico, compresa la Birmania. E al regime militare birmano, rappresentato alla riunione di Singapore dal premier Thein Sein, il presidente americano ha rivolto la richiesta di liberazione immediata del Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi. Già nel suo discorso di sabato a Tokyo Obama aveva chiesto "la liberazione senza condizioni di tutti i prigionieri politici, compresa Aung San Suu Kyi". Oggi lo ha ribadito alla presenza del generale leader della giunta al potere, e al quale i paesi dell'Asean hanno fatto eco appellandosi alla Birmania affinchè le elezioni promesse dalla giunta militare per l'anno prossimo siano "libere, giuste, trasparenti e aperte" all'opposizione. Ma nel documento finale, in conclusione, non si è fatto alcun accenno né a San Suu Kyi né più genericamente a prigionieri politici.

Obama è poi partito alla volta di Shangai, dove la partita sarà soprattutto economica, oltre a toccare come d'obbligo i temi caldi della politica internazionale, dall'Iran, alla Corea del Nord. A margine del vertice Apec il presidente degli Stati Uniti ha incontrato il russo Medvedev ed entrambi hanno concoradto sulla volontà di accelerare il passo nella riduzione degli arsenali nucleari. Medvedev ha manifestato la speranza di "poter firmare un trattato entro il mese di dicembre", così come veniva stabilito all'avvio, in aprile, dei negoziati tra Washington e Mosca per raggiungere un accordo che possa sostituire il vecchio START-1 in scadenza il 5 dicembre prossimo.

Usa e Russia a Singapore si sono trovate in sintonia anche sul nodo del nucleare iraniano: il tempo dedicato al dialogo nel tentativo di risolvere la crisi "sta per scadere". "Purtroppo l'Iran non è stato in grado di accettare un approccio giudicato da ognuno creativo e costruttivo", ha affermato Obama, mentre Medvedev, sedutogli accanto, non ha escluso che possano essere usati "altri mezzi". Per poi chiarire definitivamente che l'opzione di applicare nuove sanzioni è ancora tutta aperta: "Siamo pronti a spingerci più in là" per assicurare che il programma nucleare abbia unicamente fini pacifici, ha detto il presidente russo. "Se falliamo", negli sforzi diplomatici, "altre opzioni rimangono aperte, allo scopo di condurre il processo in una direzione differente", ha aggiunto facendo riferimento a nuove sanzioni contro Teheran.

15 novembre 2009

 

 

 

 

 

Obama: "La Cina dialoghi con il Dalai Lama"

Il presidente Barack Obama ha chiesto oggi alle autorità di Pechino una ripresa del dialogo con il Dalai Lama mentre il presidente cinese Hu Jintao ha detto che bisogna respingere "il protezionismo commerciale in ogni sua forma". I due presidenti hanno ammonito l'Iran che "vi saranno conseguenze" se non dimostrerà le sue buone intenzioni sul suo programma nucleare mentre hanno concordato che per quanto riguarda la Corea del Nord la strada da perseguire "è la ripresa del dialogo a sei".

In una apparizione congiunta, dopo colloqui bilaterali nel grande Palazzo del Popolo, Obama e Hu Jintano hanno inoltre espresso l'intenzione di voler evitare il fallimento della conferenza sul clima di Copenaghen. "Senza gli sforzi congiunti di Stati Uniti e Cina, i due maggiori consumatori e produttori di energia, non può essere raggiunta una soluzione al problema del riscaldamento del pianeta", ha detto Obama. "Non vogliamo un accordo parziale o una semplice dichiarazione politica ma piuttosto un accordo che copra tutti i punti dei negoziati e che possa avere effetti immediati", ha aggiunto l'inquilino della Casa Bianca.

Durante il colloquio si è parlato di diritti umani. Obama ha ribadito che nella sua visione "sono valori universali". Ha chiesto alla Cina di riprendere il dialogo con i rappresentati del Dalai Lama. Ed ha riconfermato la politica Usa di "una sola Cina" per quanto riguarda Taiwan. Sul fronte economico Obama ha ribadito la necessità di un nuovo modello di crescita "sostenibile" e sottolineato la necessità di aggiustare il valore dello yuan alla realtà del mercato. Obama resterà a Pechino fino a domani pomeriggio per poi trasferirsi nella Corea del Sud, ultima tappa del suo viaggio in Asia.

17 novembre 2009

 

 

 

 

 

Obama agli studenti cinesi. Appello per i diritti umani

Appello per i diritti umani, tutela della libertà di espressione, no a censure su Internet. Il presidente americano Barack Obama inizia la sua visita ufficiale in Cina senza fare sconti alle autorità di Pechino sul delicato terreno delle libertà individuali.

La libertà di espressione e di partecipazione "dovrebbero essere garantiti a ognuno, anche alle minoranze etniche e religiose, tanto che vivano negli Stati Uniti, in Cina o altrove", l'appello dell'inquilino della Casa Bianca davanti a 300 studenti al museo della tecnologia di Shanghai.

Obama comunque ha precisato che gli Stati Uniti "non vogliono imporre i propri valori a nessuno, ma si tratta di valori universali". "Non cerchiamo di imporre questi valori però crediamo che non siano valori di un solo paese ma valori universali". Il presidente americano ha quindi sostenuto che Cina e Stati Uniti non devono essere rivali, ma cooperare per risolvere i problemi globali come la proliferazione nucleare o i cambiamenti climatici.

"Se Cina e Usa saranno d'accordo, si potranno risolvere non pochi problemi internazionali". e in vista della conferenza di Copenaghen, il presidente anmericano ha sottolineato l'esigenza di compiere passi in avanti sul tema dei cambiamenti climatici.

Da Obama riconoscimenti alla Cina sul piano della politica estera come l'apprezzamento per il riavvicinamento con Taiwan, ma poi rispondendo a una delle domande gli studenti, Obama sostiene che Internet non deve essere censurato. "Sono un grande sostenitore della libertà completa nell'uso di Internet" e "sono contrario alla censura".

Obama ha detto che le critiche che spesso riceve da cittadini americani su Internet fanno di lui "un leader migliore".

16 novembre 2009

 

 

 

 

 

Obama in Giappone: "Una Cina forte e prospera è un vantaggio per tutti"

Gli Stati Uniti non vogliono contenere l'impetuoso sviluppo cinese perchè sono consapevoli che una Cina forte e prospera è un vantaggio per tutti: con queste parole il presidente americano, Barack Obama, ha affermato la volontà della sua Amministrazione di perseguire "una cooperazione pragmatica" con il gigante asiatico, in un discorso a Tokyo in cui si è presentato come "il primo presidente americano del Pacifico".

A meno di 48 ore dal suo arrivo a Pechino per la prima visita in Cina, dove ha anticipato che parlerà di diritti umani "in uno spirito sereno" e "senza rancore", Obama ha promesso un maggiore impegno degli Usa in Asia, con un'implicita critica all'era Bush. "So che gli Stati Uniti negli ultimi anni non hanno mostrato molto impegno nell'attività delle organizzazioni multilaterali asiatiche", ha ammesso, "una cosa deve essere chiara: quel periodo è finito". "Quello che accade qui ha un effetto diretto sulle nostre vite negli Usa", ha osservato Obama, "è in questa regione che transita gran parte del nostro commercio e che compriamo gran parte dei nostri beni, è qui dove possiamo esportare gran parte dei nostri prodotti creando così più posti di lavoro negli Stati Uniti".

Nel suo intervento davanti a 1.500 persone riunite nell'auditorium musicale del Suntory Hall, il titolare della Casa Bianca ha rassicurato il Giappone che la partnership con gli Usa è "incrollabile" e non sarà "indebolita" dalla collaborazione con Pechino. Poi ha esortato la Corea del Nord a riprendere il dialogo a sei sul suo programma nucleare, avvertendo che gli Usa "non sono intimiditi" dalle sue minacce, e ha chiesto alla giunta militare birmana a liberare Aung San Suu Kyi e gli altri prigionieri politici "senza condizioni", promettendo "rapporti migliori" se si muoverà nella giusta "direzione".

Sul fronte economico, il presidente Usa ha ribadito la necessità di perseguire un modello "equilibrato e sostenibile" che in futuro eviti disastri come la crisi da cui il mondo sta faticosamente uscendo. Obama, che poi è partito per Singapore peer partecipare alla cena con gli altri leader dei 21 Paesi dell'Apec, il foro di cooperazione economica Asia-Pacifico.

14 novembre 2009

 

 

 

 

 

 

il SOLE 24 ORE

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2009-11-17

Obama: "Con la Cina un dialogo forte"

dI Mario Platero

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17 NOVEMBRE 2009

Yuan sottovalutato contro il dollaro, ma Pechino pensa a spingere l'export

Obama alla Cina: "Niente più briglie a Internet"

FOTO / Usa-Cina: 40 anni di relazioni diplomatiche

VIDEO / Barack Obama risponde agli studenti cinesi

Obama: la Cina non è una minaccia

Il sogno dei giovani cinesi: "Essere americani"

Obama: liberate Aung San Suu Kyi

PECHINO – L'economia, la forza del dollaro, i problemi commerciali sono stati al centro dei colloqui di Barack Obama e Hu jintao durante la prima visita a Pechino del Presidente americano. Una visita che segnala un passaggio di qualita' nel rapporto fra i due paesi, il primo passo verso un G2, con la Cina, come ha sottolineato Barack Obama, "...per un dialogo forte...in cui la Cina di pari passo con la sua crescita economica dovra' assumersi maggiori responsabilita' nel contesto globale". Per tutta risposta Hu ha chiesto :"di respingere le tentazioni protezionistiche, ora che la crisi si sta stabilizzando", un riferimento preciso alle sanzioni commerciali imposte dall'America su certe importazioni cinesi lo scorso gennaio. Il nuovo ordine economico del G20, sia dal punto di vista delle regole che da quello dei nuovi equilibri macroeconomici, diventeranno il punto di rifetmento per la governance economica globale.

Nel loro incontro i due leader hanno qnche deciso di approfondire il lavoro comune per contenere la proliferazione nucleare, esercitando pressioni sia sulla Corea del Nord che sull'Iran; si sono impegnati a far avanzare l'agenda ambientale di Copenhagen perche' il vertice dell'Onu "non sia solo un appuntamento politico, ma generi direttive molto operative", come ha detto Barack Obama durante il suo intervento coi giornalisti. I due infine hanno deciso di avviare insieme, a partire da gennaio un dialogo sui diritti umani.

L'apparizione dei due leader davanti alla stampa, in un incontro senza domande, e' stata un po' "stiff" un po' rigida e molto formale, come ha osservato un funzionario della Casa Bianca al seguito. L'incontro era inziato nella mattinata al Palazzo del Popolo, in una giornata di sole ma molto fredda a Pechino, con le delegazioni al completo. Da parte americana c'erano il anche il segretario di Stato Hillary Clinton e il consigliere economico della Casa Bianca Larry Summers. Secondo quanto concordato, i due leader non hanno risposto ad alcuna domanda dei giornalisti e si sono limitati a ripetere l'agenda e i progressi dei loro colloqui. Per la prima volta in questo viaggio asiatico Obama ha menzionato il Tibet, auspicando che pur nel contesto dell'integrtia' territoriale cinese "di cui il Tibet fa parte" possa esserci un dialogo con il Dalai Lama per allentare le tensioni. Hu ha a sua volta discusso di diritti civili e umanitari e ha detto di aver "apprezzato la dichiarazione di Obama sull'integrita' territoriale della Cina e sulla politica dell'unica Cina nel contesto della questione taiwanese". "ci auguriamo – ha detto ancora Obama – che la tensione sugli stretti con Taiwan, molto diminuita possa diminuire ancora". Poi la parte turistica, una visita di Barack Obama alla citta proibita questo pomeriggio e alla Muraglia cinese domani, prima di partire per l'ultima tappa di questo suo debutto asiatico, la Corea del Sud.

17 NOVEMBRE 2009

 

 

 

 

Yuan sottovalutato contro il dollaro,

ma Pechino pensa a spingere l'export

di Alberto Annicchiarico

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16 novembre 2009

"Dai nostri archivi"

La Cina contro i tassi Fed: "Alimentano la speculazione"

L'economia premia Wall Street Borse europee tutte in rialzo

L'appello di Obama alla Cina: "Niente più briglie a Internet"

Obama: la Cina non è una minaccia

Usa, Cina e l'eterno sorpasso mancato

Braccio di ferro senza strappi eccessivi, sottotraccia, tra Stati Uniti e Cina sul fronte dei cambi alla viglia del vertice a due di martedì tra il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e il numero uno cinese Hu Jintao. Secondo un'analisi di Bank of America la moneta del Dragone è sottovalutata del 9,9% contro il dollaro. Il fair value dello yuan, sostengono gli esperti di BofA, è a quota 6,15 per dollaro, mentre attualmente la moneta di Pechino viaggia a quota 6,83.

Insomma, dollaro paradossalmente più forte contro il conio della potenza economica emergente, mentre anche oggi il biglietto verde ha mostrato la ben nota debolezza nei confronti delle valute occidentali. Chiusura poco sotto i massimi per l'euro-dollaro, sostenuto dai più recenti dati (tra gli altri Pil giapponese e vendite al dettaglio Usa migliori delle stime) che hanno alimentato le attese circa una ripresa economica che si prospetta comunque moderata.

Un quadro che ha spinto gli investitori verso valute più speculative a scapito di quelle più difensive (come, appunto, il biglietto verde). Nel finale degli scambi in Europa l'euro ha quotato 1,4980 (1,4881 venerdì e 1,4965 Bce oggi), dopo avere sfiorato poco prima quota 1,50.

La moneta europea ha quotato in rialzo anche rispetto allo yen, 133,81 (133,38 venerdì scorso e 134,02 alla rilevazione odierna della Bce), e alla sterlina, 0,8936 (rispettivamente 0,8926 e 0,8948), mentre ha ceduta qualche frazione di punto nei confronti del franco svizzero, a 1,5088 (1,5092 e 1,5093).

A deprimere il dollaro (indicato anche a 89,32 yen, 1,0073 franchi svizzeri e 1,6758 per una sterlina) oltre alle operazioni di carry trade, favorite dal fatto che i tassi di interesse degli Stati Uniti sono destinati a rimanere bassi ancora a lungo, hanno contribuito anche le vendite che il mercato già sconta, legate alle attese di scarsi risultati della visita in Cina del presidente americano Barack Obama.

Il numero uno della Federal Reserve, Ben Bernanke, ha detto proprio oggi che la banca centrale degli Stati Uniti continuerà a monitorare da vicino l'andamento del dollaro, pur mantenendo i tassi di interesse ai minimi storici "per un periodo prolungato". Il nostro impegno - ha spiegato ancora Bernanke - e la forza di base dell'economia americana (in ripresa, faranno in modo che il dollaro continui a essere forte e una fonte di stabilità finanziaria globale".

Tornando al vertice Cina-Usa, a parte le cortesie di prammatica e l'intesa sulla necessità di non decidere a riguardo delle misure contro l'inquinamento globale, Pechino difficilmente farà aperture sulle richieste di apprezzamento dello yuan nei confronti delle altre divise mondiali. Il portavoce del ministro del commercio cinese, Yao Jian, ha espresso in particolare la forte irritazione di Pechino per il pressing di parte americana. E il mercato ha già preso atto delle resistenze manifestate dalla Cina nel summit dell'Apec durante lo scorso week end.

"Occorre creare un ambiente macroeconomico stabile a favore delle aziende, e questo si estende anche al mercato dei cambi - ha detto Yao - per aiutare la crescita dell'economia mondiale e consentire il rilancio delle esportazioni cinesi. È invece pregiudizievole ai fini della ripresa mondiale e semplicemente ingiusto continuare a chiedere agli altri di apprezzare la propria moneta quando si permette al dollaro di continuare a calare".

È anche interessante rilevare come nel corso degli ultimi mesi il pressing esercitato in prima persona dal segretario del tesoro Timothy Geithner - che fresco di nomina aveva irritato Pechino con i suoi ripetuti attacchi - si sia chiaramente attenuato. Segno che a Washington si è forse deciso di non compromettere rapporti sempre più determinanti per gli equilibri geopolitici ed economici di un futuro che è ormai dopodomani.

Uno "yuan forte", tuttavia, dovrebbe essere parte del pacchetto di riforme necessarie in Cina per aumentare il potere d'acquisto delle famiglie cinesi, se il Dragone intendesse davvero potenziare il mercato interno oltre che puntare sulla crescita dell'export. Ad affermarlo, nel corso di un suo intervento a Pechino, è stato il direttore generale dell'Fmi, Dominique Strauss-Kahn che ha ribadito come il biglietto verde "resterà la principale valuta a livello internazionale ancora per qualche tempo" nonostante "alcuni temano i rischi dei problemi economici e finanziari e dei grandi squilibri fiscali degli Stati Uniti".

La sensazione è che Washington, gravata da un'economia in seria impasse e legata a doppio filo a Pechino che è il principale detentore del debito pubblico Usa, non sia più nelle condizioni di dettare le proprie condizioni. Una trattativa onorevole, davanti a un buon tè al gelsomino, è senz'altro la via da preferire.

16 novembre 2009

 

 

 

 

 

 

L'appello di Obama alla Cina:

"Niente più briglie a Internet"

dal nostro inviato Mario Platero

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16 novembre 2009

VIDEO / Barack Obama risponde agli studenti cinesi

Obama: la Cina non è una minaccia

Il sogno dei giovani cinesi: "Essere americani"

Obama: liberate Aung San Suu Kyi

"Dai nostri archivi"

Obama: la Cina non è una minaccia

Yuan sottovalutato contro il dollaro, ma Pechino pensa a spingere l'export

La Cina contro i tassi Fed: "Alimentano la speculazione"

Il sogno dei giovani cinesi: "Essere americani"

Obama: "una Cina prospera è un vantaggio per tutti"

SHANGHAI - Barack Obama ha confessato di non aver mai usato Twitter, ma ha chiesto che Internet sia completamente liberalizzato in Cina, perché rende le società più aperte, i politici più responsabili nei confronti dei cittadini e perché offre straordinarie opportunità economiche. È questo, l'importanza della società aperta, uno dei messaggi centrali che il Presidente americano ha dato a Shanghai, rispondendo a una domanda di uno dei circa 400 studenti universitari che hanno partecipato con lui al Town Hall Meeting.

Per Obama, alla sua prima visita in Cina, l'importanza di tutelare, attraverso la liberta di espressione, altre libertà fondamentali degli individui è essenziale per lo stesso progresso di una nazione: "È nella nostra tradizione proteggere la libertà di espressione, l'ugaglianza, i diritti delle minoranze", un richiamo morbido, facendo riferimento soprattutto all'America, al fatto che in Cina questi "valori" sono spesso ignorati. Già durante un breve discorso introduttivo Obama aveva riaffermato, da una parte, che non è nell'interesse degli Stati Uniti "contenere la Cina...", dall'altra aveva ribadito quanto importante sia tutelare appunto i diritti delle minoranze, la libertà di fede e il rispetto delle donne.

Obama ha anche ricordato che la Cina e gli Stati Uniti sono in grado insieme di affrontare e risolvere i problemi globali. Un ritorno alla vecchia tesi del G2: "Per noi è anche una responsabilità che ci chiede il mondo di risolvere alcuni dei problemi più difficili". Ironicamente il commento suona molto vero, anche nel senso contrario: le due superpotenze sono anche in grado di frenare una soluzione. È successo proprio durante questo viaggio asiatico, al vertice Apec di Singapore, quando si è minata alla base la possibilità di un successo al vertice sull'ambiente di Copenhagen per il mancato accordo –e la mancata leadership di Usa e Cina– in materia. Questa sera Obama sarà a Pechino dove parteciperà a una cena offerta dal presidente cinese Hu Jintao. Martedì il vertice vero e proprio in cui Obama - dicono i bene informati - presterà più attenzione al ruolo della Cina come finanziatore degli Stati Uniti che a quello di mancato tutore di alcuni diritti civili fondamentali.

16 novembre 2009

 

 

 

 

Obama: la Cina non è una minaccia

di Mario Platero

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15 Novembre 2009

Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama (Epa)

Il sogno dei giovani cinesi: "Essere americani"

"Dai nostri archivi"

Obama: "una Cina prospera è un vantaggio per tutti"

Ambiente, a Copenhagen solo impegni non vincolanti

L'appello di Obama alla Cina: "Niente più briglie a Internet"

Obama: liberate Aung San Suu Kyi

La Cina contro i tassi Fed: "Alimentano la speculazione"

Barack Obama, il "primo presidente americano del Pacifico", come si è definito lui stesso, ha portato ieri un vento nuovo ai 21 paesi che partecipano a Singapore al vertice Apec: ha promesso un coinvolgimento senza precedenti nella regione, passi concreti per liberalizzare i commerci avanzando il dialogo con la Trans-Pacific Economic Partenership e ha enunciato una visione politica di forte apertura, pragmatica, nei confronti della Cina, "che non ha bisogno di essere contenuta", come aveva detto ieri mattina in un discorso sugli equilibri regionali asiatici a Suntory Hall a Tokyo.

Obama, con i suoi interventi, ha anche mandato un messaggio indiretto a Washington: il postulato politico che ha dominato la posizione democratica negli ultimi tre anni, linea dura sul fronte commerciale per proteggere i posti di lavoro americani con l'innalzamento se necessario di barriere tariffarie, deve cambiare: "In questo momento - ha chiarito a tutti Obama - milioni di posti di lavoro molto ben pagati in America dipendono dalle nostre esportazioni. Aumentare quelle esportazioni anche di poco ha il potenziale di creare milioni di posti di lavoro in più".

Il cambiamento di rotta proposto da Obama è necessario, la ripresa americana non sta creando nuovi posti di lavoro, il tasso di disoccupazione è già al 10,2%, quello di sottoccupazione è al 17,5% con quasi 20 milioni di americani senza prospettive di avere entro breve un impiego. Fonti al seguito della Casa Bianca hanno confermato che è giunto il momento di giocare tutte le carte per rilanciare l'occupazione. E l'aumento dell'interscambio commerciale sarà la più importante. Nella speranza che l'America guadagni più che in passato grazie anche alla competitività garantita dal dollaro sempre più debole.

I due obiettivi più immediati diventano ora il recupero di un accordo bilaterale per il libero scambio con la Corea del Sud, fermo in Congresso, e l'avvio di un negoziato per dare maggiore respiro e una forma nuova alla Trans-Pacific Economic Partnership: "Dobbiamo approfondire il dialogo con i paesi membri (gli Usa non lo sono, ndr) con l'obiettivo di costruire un accordo regionale che diventi una base di membership quanto più amplia possibile, con gli standard degni di un accordo commerciale per il Ventunesimo secolo", ha detto ieri Obama. In attesa che l'Apec vari come promesso un'area per il libero scambio entro il 2020, un gruppetto di quattro paesi, Nuova Zelanda, Brunei, Cile e Singapore, ha lanciato la Trans-Pacific Strategic Economic Partnership, un'area di libero scambio che riduce del 90% le tariffe e che potrebbe essere estesa ad Australia, Perù, Vietnam e ora agli Stati Uniti.

L'altro fronte su cui ha battuto Obama è quello della messa a punto di strategie macroeconomiche che riflettano le direttive del G-20: ciascuno dovrà aggiustare i propri squilibri, a partire dall'America che consumerà e si indebiterà di meno.

A Singapore il presidente ha ripetuto il messaggio lanciato ieri a Tokyo, nel discorso alla Suntory Hall, volto a rassicurare il Giappone sul suo ruolo di interlocutore privilegiato e centrale degli Stati Uniti nonostante l'ascesa cinese. E ha dimostrato nei fatti di portare il suo proverbiale pragmatismo anche in questa regione. Obama si incontrerà oggi con il premier birmano, al quale chiederà la liberazione dei prigionieri politici, a cominciare da Aung San Suu Kyi. Affrontando nel discorso di Tokyo la questione dei diritti civili e umani in Cina, Obama ha di nuovo offerto un messaggio di apertura: "Con Pechino abbiamo differenze sul rispetto di libertà religiose e culturali, ma possiamo discuterne nell'ambito della partnership invece che del rancore. È importante avere una cooperazione pragmatica con Pechino, gli Stati Uniti non vogliono contenere la Cina. Al contrario, l'emergere di una Cina prospera diventa fonte di forza per la comunità internazionale". "In un mondo interconnesso - ha aggiunto - il potere non deve essere un gioco a somma zero e le nazioni non devono temere il successo delle altre".

Oggi Obama incontrerà anche il presidente russo Medvedev al quale chiederà di considerare seriamente le ipotesi di sanzioni contro l'Iran dopo i passi indietro nel dialogo per la denuclearizzazione di Teheran. Sarà anche l'occasione per fare il punto sull'obiettivo di firmare entro l'anno un nuovo accordo sul disarmo. Infine un messaggio per dare credibilità al suo abbraccio alla regione asiatica al di là della retorica: "Sono un presidente americano nato alla Hawaii che ha vissuto in Indonesia da ragazzino, sono venuto a prendere i gelati in Giappone con mia madre, mia sorella Maya è sposata con un sino canadese, mia madre ha lavorato in Asia: il bacino del Pacifico ha contribuito alla formazione della mia visione del mondo, sono il primo presidente del Pacifico".

15 Novembre 2009

 

 

 

 

 

Il sogno dei giovani cinesi: "Essere americani"

dal corrispondente Luca Vinciguerra

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15 Novembre 2009

"Dai nostri archivi"

L'appello di Obama alla Cina: "Niente più briglie a Internet"

Obama: la Cina non è una minaccia

La Cina contro i tassi Fed: "Alimentano la speculazione"

Obama: "una Cina prospera è un vantaggio per tutti"

Yuan sottovalutato contro il dollaro, ma Pechino pensa a spingere l'export

SHANGHAI - Quando Richard Nixon sbarcò in Cina nel 1972 per la storica visita che scongelò le relazioni tra le due superpotenze, i loro genitori erano ancora bambini. E qualche anno dopo, quando Zbigniew Brzezinski suggerì a Jimmy Carter la prima cooperazione strategica tra Washington e Pechino, molti di loro non erano neanche adolescenti.

Eppure rispetto ai loro giovani padri e alle loro giovani madri, questi ragazzi, figli unici cresciuti nella Cina capital-comunista, vedono il mondo con occhi diversi. "I nostri genitori considerano tuttora gli Stati Uniti una potenza economica e politica rivale. Per noi, invece, l'America è libertà, progresso, tecnologia, educazione. Ognuno di noi sogna di andare a studiare in America", spiega con gli occhi raggianti dall'emozione Yao, un ventenne studente di economia alla Fudan University.

Stasera, quando arriverà a Shanghai, prima tappa del suo primo viaggio in Cina, Barack Obama troverà ad accoglierlo anche questo pezzo di paese. Un pezzo di paese nato quando la Rivoluzione Culturale era già finita, che non ragiona con le vecchie categorie maoiste e per il quale la Guerra Fredda appartiene alla preistoria del mondo. I giovani cinesi, almeno quelli che vivono nella grandi città, che frequentano le università e che sono candidati a diventare la classe dirigente di domani, amano l'America.

Amano il suo stile di vita, i suoi prodotti, i suoi film, la sua musica, i suoi grandi uomini. Compreso, naturalmente, Obama, il presidente di origine afro-americana nelle cui vene scorre il sangue di altre popolazioni emergenti che è riuscito a scalzare dal potere l'odiatissimo (dai vecchi e dai giovani) George Bush. "È una grande leader politico, un brillante statista, un sostenitore della pace del mondo. Ed è anche un uomo bello e affascinante", dice Xiaomin, studentessa di lingue straniere alla Jiaotong University.

"Con Obama - osserva Dajin, un giovane che frequenta la facoltà di economia e commercio - le relazioni tra Cina e Stati Uniti miglioreranno sicuramente. D'altronde, mai come oggi nella storia, i due paesi hanno avuto tanto bisogno l'uno dell'altro. Alla fine, credo che questo stretto legame sarà molto proficuo per lo sviluppo economico cinese".

Il profondo moto di commozione seguito nel paese alla morte di Michael Jackson dimostra la formidabile capacità di attrazione del modello americano tra le nuove generazioni cinesi. Molti dei giovani che hanno pianto la morte di Jackson inseguono a tal punto il sogno americano che vorrebbero "essere americani", come spiega Koben, un ragazzo fresco di laurea in informatica.

Tuttavia, la medaglia ha anche il suo rovescio. Al di là degli entusiasmi sfrenati per un paradigma di vita, di consumo, di divertimento, di educazione, che agli occhi di tanti giovani cinesi sembra incarnare la perfezione assoluta, si cela una specie di sindrome di Alberto Sordi in "Un americano a Roma".

E cioè quell'improvviso, terribile senso di nausea per "la mostarda e la marmellata", un rigetto verso qualcosa che non solo è lontano dalla propria cultura, ma che rischia anche di contaminarla in modo irreversibile. "Siamo tutti attratti dallo stile di vita americano, che per noi giovani è diventato un punto di riferimento. Al tempo stesso, però, dovremmo imporci noi stessi un limite perché altrimenti la cultura occidentale finirà per soppiantare la nostra, avverte Chunmei, un teenager assiduo avventore di Starbucks.

In un paese che, travolto e stordito dallo sviluppo economico più rapido e travolgente della storia dell'umanità rischia di diventare un mostruoso centauro espressione del peggio del vecchio (l'oscurantismo delle tradizioni) e del peggio del nuovo (un capitalismo invasivo e sfrenato), tutto starà a trovare il giusto equilibrio tra preservazione della propria cultura e metabolizzazione della modernità che arriva principalmente dall'altra parte del Pacifico. Toccherà proprio ai giovani, che oggi guardano all'America con un misto di ammirazione e di scetticismo, raccogliere questa sfida.

ganawar@gmail.com

15 Novembre 2009

 

 

 

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